Lucknow: qualche nota a posteriori (da Benares) – 2

Tra i luoghi che certo non si possono evitare se si visita Lucknow, ci sono la Bara Imambara, la Chota Imambara, la ClockTower con annessa Picture Palace e la Residency.

Bara Imambaralink a Wikipedia
Il nome significa bara=grande, imambara=santuario legato alla tradizione Shiita, per il giorno di Muharram. Di fatto è uno degli edifici più imponenti della città.
Fu costruito nel 1784 dall’allora Nawab di Lucknow, Siddharth Sigh. Oltre all’edificio principale nel complesso si trovano anche una moschea e un bhulbhulaya, labirinto. Oltre a questo dovrebbe esserci anche la piscina dove lo Shah faceva il bagno.

Bara Imambara

Bara Imambara

Camminare dentro al labirinto è davvero un’esperienza! Di certo non per chi è debole di cuore o di pazienza! È veramente un intrico di corridoi, passaggi, scale e stanzette costruiti su diversi livelli, così da rendere davvero difficile capire come raggiungere un corridoio piuttosto che un altro. In effetti non sono tutti comunicanti fra di loro e questo rende la ricerca ancor più complessa. A questo si aggiunge il buio e l’ombra che sovrana regna in tutto questo labirinto! Comunque da fare almeno una volta!

Chota Imambaralink a Wikipedia
Se la bara imambara era la grande imambara, questa è la piccola della famiglia (chota=piccolo). Fu costruita da Muhammad Ali Shah, terzo Nawab dell’Awadh, nel 1838 per servire come suo mausoleo. È nota anche come il palazzo delle luci, in riferimento all’uso che fanno all’interno della struttura di luci e decorazioni in occasione delle festività. Una curiosità (stando a Wikipedia): i candelabri usati per decorare l’interno dell’edificio furono portati dal Belgio.

Chota Imambara

Chota Imambara

Clock Tower

Clock Tower

Clock Tower + Picture Palace
Beh.. sinceramente qui non c’è gran che da vedere… una bella torre dell’orologio e una piccolissima pinacoteca all’interno di un edificio che a quanto pare è usato principalmente per ospitare alcuni uffici. E se non avessi ascoltato alle varie chiacchiere della guida del posto (il custode o poco più), di certo avrei finito il giro in non più di 5 minuti. Ma alla fine è stato curioso sentire con quale artificio i vari pittori riuscivano a ingannare l’occhio dello spettatore cambiando la prospettiva di alcuni oggetti a seconda dal punto di vista in cui li si osserva, o come un oggetto posto alla destra del tale personaggio, cambiando punto d’osservazione, compare da qualche altra parte.. mah! Comunque più interessante è stato l’incontro che ho avuto al di fuori, dopo aver deciso che prima di recarmi alla Chota Imambara (reduce dalla Bara Imambara) mi sarei potuto concedere un po’ di relax all’ombra di qualche albero su una comoda panchina sorseggiando un po’ d’acqua fresca.. In pochi minuti sono diventato ricettacolo di bambini curiosi che si avvicinavano per vedere chi fossi – uno straniero! in sto caldo! – e per chiacchierare un po’… inizialmente ero in compagnia solo di un ragazzo che lavora a Lucknow in un negozio in cui confezionano i capi in Chikan, tessuto pregiato tipico di Lucknow… ma poi è arrivato un gruppetto di ragazzini fra i 10 e 12 anni in bicicletta. Con loro ho avuto una simpatica chiacchierata! Simpatici! Poi però ne sono arrivati altri, stavolta però per giocare a cricket lì vicino. Erano forse una decina dai 12 ai 20 anni. Questi erano tutti vestiti in abiti bianchi col copricapo tutto ricamato.. erano musulmani. Loro comunque sono stati più riservati e solo dopo un po’ si sono avvicinati  e anche con loro ho parlato volentieri. Nel frattempo si era avvicinato un altro gruppettino di ragazzini forse un po’ più teppistelli, o semplicemente più vivaci! Giocavano fra di loro, si rincorrevano, insultavano (un po’ troppo pesantemente per i miei gusti…) e per ripicca ogni tanto volava anche qualche sasso (sasso! non sassolino!). Beh insomma, mi hanno mostrato come parlano l’Inglese loro… un bel vocabolario di parolacce e oscenità! :S Non so da noi come sappiano l’Inglese i ragazzini, ma spero che alcune cose che questi hanno detto non le sappiano proprio! 😛

The Residency
Questo è stato uno dei luoghi più acceso in quel lontano 1857 quando i soldati indiani in servizio a Meerut per la Corona Britannica si sono ammutinati. A breve infatti seguì l’assedio della città Lucknow, allora capitale dello stato dell’Awadh. Si protrasse dal 30 maggio al 27 novembre 1857. Sulle rovine sono ancora visibili i segni dei proiettili e delle palle di cannone. Come suggerisce il nome, questa era l’area in cui i soldati risiedevano: ci sono diversi edifici nominati a seconda del nome del tale comandante, una chiesa, una moschea, un cimitero… il refettorio… All’interno è stato anche allestito un museo con litografie ritraenti i momenti critici di quei giorni, e pubblicate allora in Inghilterra per una rivista (non ricordo più di che si trattava…).

Qui comunque la cosa che più mi è piaciuta è stata la natura: infatti tutto il luogo è circondato di verde! Ci sono innumerevoli scoiattoli che si muovono fra le rovine e gli alberi, uccelli di diversi tipi, corvi e via dicendo… un bel posto davvero!

Qualche link interessante:

http://en.wikipedia.org/wiki/Indian_Rebellion_of_1857
http://en.wikipedia.org/wiki/Siege_of_Lucknow

Scoiattoli alla Residency

Scoiattoli alla Residency

Lucknow: qualche nota a posteriori (da Benares) – 1

Ormai sono 3 giorni che sono a Benares, ma prima di imbarcarmi su un articolo riguardo questa culla dell’hinduismo e di ciò che c’è di più indiano e sacro, vorrei soffermarmi ancora un po’ su quanto vissuto nella bella Lucknow dei Nawab.

Una delle esperienze più interessanti è stata certamente camminare per Aminabad Road, un reticolo di viottoli sovraffollati dove si vende ogni sorta di articolo fra capi d’abbigliamento (tra cui i pregiati tessuti in Chikan), stoffe, sete pregiate, gioielli, scarpe e sandali, pentolame, libri usati (e qui c’è davvero una grande offerta, specialmente – se non erro – di libri universitari o scolastici)… copertoni e camere d’aria… Innumerevoli sono poi quelle bancherelle o carretti che ospitano deliziosi spuntini nel gusto tradizionale indiano, servendo cibo appena cotto (di solito thali, puri…) o succo di lime appena spremuto, succo di barbabietola (anche questo estratto al momento con una pressa a motore) e ovviamente una serie di bibite fresche, dalla Coca-Cola o Pepsi, alle più insolite (per noi s’intende) Mirinda, Nimbooz, Limca, ThumbUp e Mountain Dew (tutte comunque di proprietà di PepsiCo o Coca-Cola). Si trovano inoltre anche i Minute Maid al succo di Mango o altri gusti esotici (Lici, Guava, …).

Ora, non per sfoggiare la mia passione per il cibo, ma non posso non parlare di un delizioso ristorantino molto molto tipico e largamente frequentato da Indiani che si trova in questa zona di Lucknow: si tratta del famoso “Tunday Kababi”. Come suggerisce il nome è specializzato in Kabab, per l’esattezza in Galavati Kabab (lit. che ti si scioglie in bocca) e posso assicurare che c’è un perché! Sono veramente deliziosi! Sempre in questo bel ristorante poi si può provare un ottimo Mutton Biryani (riso più carne di montone) che sta diventando sempre più uno dei miei piatti preferiti (devo ancora capire tuttavia se può concorrere con le mie pietanze preferite della nostra cara cucina italiana… forse resterà su i miei piatti preferiti all’estero ;-)).
Tuttavia non aspettatevi un ristorante come lo intendiamo noi: certo non questo Tunday! L’igiene è appena sufficiente (se ne può parlare…), il posto è un po’ tetro, ma la clientela è veramente variegata e il cibo estremamente delizioso: si trovano famiglie intere, coppie d’amici, fidanzati, gruppetti di ragazzi (teenagers), uomini d’affari in solitaria con le loro 24ore… e poi ovviamente alcuni stranieri che timidi timidi scendono le scale (o le salgono, a seconda della sala… ;-)) per inoltrarsi in questo leggendario locale, recensito in diverse guide turistiche, fra cui la sempre meno affidabile (;-)) Lonely Planet. Comunque a dir la verità in quei giorni di stranieri ne ho visti molto pochi: io, Mark (un ragazzo Texano con cui ho studiato a Mussoorie e che poi ho ritrovato qui a Lucknow) e un altro ragazzo, stavolta tedesco, che se ne andava in giro per il mondo da solo all’avventura nel suo anno sabbatico. Stop.

Se andiamo invece a parlare dei luoghi da visitare di Lucknow, sono tentato ad andare subito all’Ambedkar Memorial o Ambedkar Park, saltando per un momento gli storici edifici dell’epoca nawab (Bada Imabara, Chota Imambara, ClockTower) o le rovine degli insediamenti britannici che hanno attraversato quel terribile 1857 (Residency).


Il Dr Bhimrao Ambedkar Samajik Parivartan Prateek Sthal, più semplicemente noto come Amdekar Memorial, è un monumento commemorativo in onore dei Dalit, i cossiddetti intoccabili/fuori casta. Si tratta di una struttura di dimensioni veramente mastodontiche costruita appena nel 2002 (da verificare): il costo della realizzazione è stimato attorno ai 7 miliardi di Rupie. È ancora coinvolto inoltre in diverse battaglie legali (per quale motivo… cercherò!)
Appena si varca il portale d’ingresso si viene travolti dalla bellezza del marmo che riveste tutta la pavimentazione e che la sera diventa come lo specchio d’acqua di un mare calmo… e riflette le luci che illuminano tutta l’area. Da un lato e dall’altro si trovano i due monumenti commemorativi con statue e iscrizioni all’interno… interessante vedere come la donna che ha commissionato l’opera, una parlamentare, trovi la sua effige ritratta ovunque in statue gigantesche a fianco delle varie personalità connesse ai Dalit….

TO BE CONTINUED

Bahá’í House of Worship – The Lotus Temple @ New Delhi

Oggi è lunedì… e già… e sembra che di Lunedì tutti i monumenti in India siano chiusi al pubblico… peccato perché mi sarebbe davvero piaciuto poterci entrare.
Ad ogni modo, il Tempio di Loto è stato costruito nel 1986 su progetto di Fariborz Sahba. È un tempio Bahà’ì, e in quanto tale, è aperto a tutte le religioni o culture. Lo spirito di questi templi è far sì che la gente possa radunarsi per pregare Dio senza restrizioni di denominazione. All’interno è consentito proclamare qualsiasi testo religioso in qualsiasi lingua, pregare anche col canto, ma non è permesso l’uso di strumenti musicali. Inoltre non sono permessi sermoni o celebrazioni.

Bahà'í House of Worship - The Lotus Temple

Bahà’í House of Worship – The Lotus Temple

Emporio @ New Delhi

Dopo la messa della mattina presso la Cattedrale del Sacro Cuore di Nuova Delhi ci siamo spostati per pranzo in un vicino fastfood “Nirula’s“, catena indiana sulla falsa riga di un più classico Mc Donald’s. Se quello di Mussoorie era un ristorante bello pulito, in ordine e con un aurea di “pulizia e igiene” – uno tra i pochi motivi per cui abbiamo scelto di mangiarvi, oltre al fatto che per lo meno là eravamo sicuri di trovare qualcosa di meno indianizzato (spezie, peperoncino & co…) – il ristorante di Delhi era un luogo piuttosto lugubre, trascurato e invecchiato dall’aria tossica della città. Ma tutto sommato era pulito, con aria condizionata a palla, musica/tv e il cibo era il cibo che avevamo trovato anche a Mussoorie… 😀

Lord Ganesh

Lord Ganesh

Radha

Radha

Dunque, dopo questa bella pausa pranzo con relax, prima di tornare nel nostro hotel, abbiamo fatto capolino nell'”Asian Overseas Emporium“, emporio controllato dal governo indiano (non so bene in che modo, di preciso, ecc..) in cui i turisti posso essere certi di trovare le merci più autentiche e di pregio. E i prezzi anche parlano chiaro! Nella reception c’erano diversi biglietti da visita delle più svariate diplomazie del mondo: Ministero degli Esteri del Brasile, qualche ufficio di un qualche ministero Giapponese, …

Una volta entrati ci siamo trovati di fronte a un mondo fantastico, quasi fatato, con statue affascinanti nei più diversi materiali: sandalo, marmo bianco (stesso tipo con cui è costruito il Taj Mahal), legni vari, pietra italiana (?), ecc. Piatti incastonati con pietre preziose in motivi floreali, elefantini con la proboscide alzata con occhi di smeraldo (non è una metafora stavolta!), cofanetti porta gioie in marmo bianco finissimo luccicanti di rosso, blu e verde (rubino, ???, smeraldo), scacchiere con eserciti di raja o imperatori indiani, tessuti pregiatissimi in broccato o sete finissime in vari colori e tonalità, strumenti musicali in legno scuro che suonano note un po’ difficili per i nostri orecchi, un paio di nargilè alti da terra almeno un metro e mezzo, collane e gioielli vari per ogni gusto e portafoglio. Al piano terra una sala di tappeti e arazzi da una parte e un salone di tessuti, stoffe, cuscini e vestiti. Più di tutto però mi hanno colpito le statue del dio Ganesh e di Parvati (da verificare… non ne sono sicuro…): grandi e spettacolari, in pietre di ogni colore e rarità. Stupende!

Stoffe

Stoffe

Decisamente ai nostri occhi somigliava più a un museo che ad un negozio, ma in realtà non abbiamo mai frequentato negozi di antiquariato in Italia e forse questo è il tipo di locale che più ci somiglia. Grande differenza rispetto al museo è che qui si può dire: “Mi piace, lo prendo!”

Strumenti musicali

Strumenti musicali

Piatti in marmo incastonati con la tecnica della Pietra dura

Piatti in marmo incastonati con la tecnica della Pietra dura

Qualche acquisto… e un po’ di lavoro a macchina da cucire…

L’India di certo affascina anche con i suoi vestiti colorati, portati con grinta da donne di ogni età, culto o provenienza… tinte accese, vivide, piene di colore e vita (ma non si muovono da soli!).. Cotone, seta… riflessi, ombre… pieghe, drappi… una “moda” molto affascinante!

Stoffa per Salwaar Kameez

Stoffa per Salwaar Kameez

E così ci abbiamo provato anche noi! Già due anni fa avevo portato a Sindhu due/tre kurta. Stavolta però vi ci siamo buttati davvero a capofitto! E che meraviglia!!! Inampoi (un sarto di Landour, Mussoorie – molto popolare e in voga fra gli studenti della Landour Language School e fra altri stranieri un po’ bizzarri che bazzicano per queste zone..), lui sì che è stato contento! 😀

Inam alle prese con Bindhu

Inam alle prese con Bindhu

Gli abbiamo commissionato un kurta per me (bianco… molto elegante..) e due vestiti eleganti all’occidentale, in seta viola per Sindhu e uno blu per Bindhu. Due modelli un po’ diversi, entrambi molto raffinati.

Ma questo ancora non dice la nostra passione per la vera India…
così, prima ancora di andare da Inam, ci siamo recati dal fratello di Nasir che due anni fa aveva fatto alcuni vestiti per Sindhu su mia commissione semplicemente rifacendosi alle misure che poteva capire dalla foto di lei che gli avevo mostrato – e ci aveva azzeccato davvero alla perfezione! Tuttavia stavolta aveva già troppo lavoro da finire per una cerimonia che si sarebbe tenuta a Woodstock (che cerimonia? boh!) e così ci ha dirottato da un altro collega… Ora, se già il “laboratorio” di Inam non è che sia tanto grande e/o particolarmente accogliente – è pieno di stoffe, strumenti, ritagli, fili, capi finiti, scarpe e ciabatte… e persone che ci lavorano dentro! per non parlare dell’angusto provino ad uso anche di sgabuzzino con specchio, appendino e porta – ecco, il laboratorio di quest’altro sarto sarebbe passato davvero inosservato – ignorato del tutto! – se non mi ci avessero mandato, perché altro non è che una cameretta buia grande giusto per farci stare dentro l’uomo seduto a cucire vicino alla porta per prendere un po’ di luce da fuori e forse la moglie davanti appoggiata alla parete… forse di spazio ne aveva un po’ in profondità, peccato che quello era già dedicato a viverci dentro: letto, cucinino e cianfrusaglie varie! E anche la location non è che fosse proprio delle migliori: in curva e inerpicata sul lato della strada (4/5 scalini ripidi dal fondo della strada).

Sindhu & Salwaar Kamiz - Viola

Sindhu & Salwaar Kamiz - Viola

Ma l’abito non (lo) fa il monaco, lo fa il sarto! e la bottega non fa il mastro! Questo si è dimostrato davvero un talento! Gli abbiamo consegnato i kit per quattro salwaar-kameez presi poco distante (…) e lui ci ha restituito quattro capolavori, uno viola, uno verde, uno bianco e uno arancio. Bellissimi piegati, meravigliosi indossati (non tanto per la comodità – non li ho provati!!! – ma per il fascino che scaturisce da chi li porta).

Beh.. Enjoy! 🙂

Sindhu & Salwaar Kameez - Arancio

Sindhu & Salwaar Kameez - Arancio

Rev. Samuel Henry Kellogg – RIP in Landour

Durante la mia penultima lezione col Principal presso la scuola di Landour (ovvero giovedì) si è parlato di un tale Kellogg che ha scritto la più autorevole grammatica hindi ancora in uso, sebbene sia ben datata (prima edizione 1875, seconda edizione 1893). Di fatto ne ho una copia anche io che mi sta raggiungendo or ora… (grazie Sindhu!!! :D). Se non scientifica al 100% (quelli erano certamente altri tempi!) comunque si tratta di un opera monumentale e piuttosto interessante, in cui vengono segnalate anche le variazioni fra le diverse parlate. [appena mi arriva magari ci do un’altra occhiata e spiego meglio la cosa…].

Samauel Henry Kellog fu un missionario evangelista proveniente da Boston, che ricevette agli ordini sacri all’età di 28 anni e fu poi assegnato come missionario in India nel 1865.
Il suo viaggio fu piuttosto ricco di avventure: dopo che la nave aveva lasciato Boston ormai da diversi giorni, il capitano fu trascinato a mare e quindi Kellogg fu appuntato come navigatore dall’inetto Primo ufficiale di bordo, rimanendo alla guida per tutto il viaggio fino a Ceylon e quindi a Calcutta.

Nel 1871 fu costretto a tornare in America per la sua cattiva saluta. Di ritorno in India riprese a lavorare ad Allahabad presso la Scuola Teologica del Sinodo indiano della sua chiesa. Nel 1875 pubblicò la sua monumentale Grammar of the Hindi Language (2a ed., 1893).

La morte della moglie nel 1876 lo costrinse a consegnare le dimissioni, per tornare quindi in America come pastore di Pittsburgh, PA, e professore presso l’Allegheny Theological Seminary. In seguito divenne anche pastore di una chiesa di Toronto, Canada.

Dopo le seconde nozze fu chiamato nuovamente in India (1892) come aiuto per la revisione della traduzione in hindi del Vecchio Testamento. Visitò spesso i luoghi del suo precedente lavoro missionario, recitando sermoni e dando lezioni sia in Hindi che in Inglese.

Hawaghar - Thanks to Anne Lind

Hawaghar - Thanks to Anne Lind

Nel 1899 fu ucciso dalla caduta in bicicletta da un precipizio mentre pedalava fra le montagne dell’Himalaya. [EDIT: e vorrei aggiungere che si tratta esattamente di Landour (Mussoorie), giusto prima di Malingar (un piccolo incrocio fra Landour Bazaar e Chardukan) proveniendo da Chardukan sulla destra, dove oggi – allora non so proprio… – si trova un hawaghar (mi sono accorto di non avere neanche una foto di questo!!!), un piccolo portico in riparo dal sole per i viandanti (lett. casa del vento, non avendo altro che quattro colonne e un tetto, e del posto per sedere all’interno). Dal 1855 giace nel Cimitero Cristiano di Landour, al 4° livello, immerso nel bel verde della vegetazione montana fra pini e abeti, dove api, uccelli e altri animali, fanno la guardia…]

Fonte (ENG): http://freepages.history.rootsweb.ancestry.com/~dav4is/people/KELL1483.htm

Lapide di Kellogg

Lapide di Kellogg


Lapide di Kellogg (Dettaglio)

Lapide di Kellogg (Dettaglio)

How I met… the local celebrity

Ieri camminando a spasso per Mall Road per un caffè e un po’ di shopping, ci siamo imbattuti in Ruskin Bond! Un autore Indiano molto noto da queste parti, essendo appunto residente proprio a Landour.
Per più dettagli: en.wikipedia.org/wiki/Ruskin_Bond. Purtroppo al momento non c’è ancora una pagina su di lui su Wikipedia versione italiana.

Copertina di "Landour Days"

Copertina di "Landour Days"

Ad ogni modo, avevo giusto letto un suo libro un paio di settimane fa, che ho trovato qui nella GuestHouse. Si tratta di “Landour Days – A writer’s journal”, una raccolta di pensieri sui giorni passati a Landour. Il libro è diviso in 4 parti se non erro (come le quattro stagioni :P) e ogni capitolo è un mese dell’anno. Scrive quello che accade in ogni momento dell’anno, le sue impressioni, i suoi fiori preferiti per ogni stagione, … piacevole. Non direi un capolavoro, ma comunque molto interessante essendo appunto ambientato per le stesse strade che giornalmente percorro da queste parti.

Lo abbiamo incontrato proprio per caso: usciti dalla libreria “Cambridge Bookshop” situata a metà Mall Road, poco dopo Chitra vede quest’uomo e mi fa “È mica Ruskin Bond?”.. Io – ovviamente – non ne avevo la più pallida idea! Così abbiamo chiesto un attimo ad un negoziante e quindi siamo tornati di corsa alla libreria, dove intanto era entrato. Infatti si reca là ogni sabato per firmare autografi e forse per qualche chiacchierata letteraria… chissà! Comunque ieri era mercoledì e questo rende il tutto più speciale! Poi c’era anche la TV e Ruskin ha commentato che di certo comparirò anche io in TV! 😉 Il cameraman ci ha ripreso mentre mi faceva l’autografo sulla mia Moleskine. In realtà mi ha chiesto come si scrive in Italiano una dedica… ma a forza di pensarci per trovare le parole più nobili, alla fine lui ha detto.. “Vabbè, te la scrivo in Inglese!” 😉 E così è stato! Sotto trovate la foto dell’autografo.

Quindi anche Chitra si è fatta fare il suo autografo. E dopo siamo usciti per tornare su a Landour Bazaar in cerca di un borsone che mi devo portare via per questi 2/3 giorni via da Mussoorie (invece di portarmi il mega valigione). Poi a metà strada le è venuto in mente che avrei potuto scattare anche una foto con lui… e così, retro-front, giù di nuovo verso la libreria e due belle foto! 😀

How I met.... The Local Celebrity

How she met... the local celebrity

How she met... the local celebrity


La dedica... per me..

La dedica... per me..

La dedica... per lei..

La dedica... per lei..